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Intervista A Luigi Franchi

Intervista a Luigi Franchi

Giornalista, gastronomo, appassionato dell’Italia e dei suoi territori, giudice di contest dall’olio ai giovani chef, fino alla pizza. Costantemente sul “campo di battaglia” per difendere positivamente e con determinazione e ottimismo la qualità e la professionalità. Abbiamo intervistato Luigi Franchi, direttore e responsabile del magazine Sale&Cucina che ci ha raccontato la sua idea di ristorazione e importanza della formazione.

 

Giornalista, gastronomo, appassionato dell’Italia e dei suoi territori, giudice di contest dall’olio ai giovani chef , fino alla pizza. Costantemente sul “campo di battaglia” per difendere positivamente e con determinazione e ottimismo la qualità e la professionalità. In uno dei suoi ultimi editoriali su sala&cucina raccomanda di usare parole in positivo anziché le” parole dannose” nella ristorazione come il sacrificio, la fatica, l’umiltà, soprattutto per non spaventare i giovani che sono il futuro. Ci può spiegare meglio questo concetto innovativo?

Le ho definite parole dannose perché la professione del ristoratore, dello chef, del maître ha un obiettivo: il benessere delle persone. E quando dico persone intendo sia gli ospiti del ristorante sia il personale stesso. Oggi al ristorante paradossalmente non ci si va più solo per mangiare. È diventato un luogo di delizie, dove incontrare gli amici, stare con le persone a cui si vuol bene, fare chiacchiere piacevoli e intelligenti, anche mangiare bene. Per ottenere tutto questo il personale, per primo, deve star bene, ricevere uno stipendio adeguato all’impegno, essere parte integrante di un progetto. E sentir descrivere questa professione solo con parole che rimandano a un mestiere ottocentesco non aiuta. Così come non aiuta quando si parla di progetto condiviso intenderlo come “lavori accanto a uno chef famoso, cosa vuoi di più dalla vita”! Ma il progetto, per un ristorante, è coinvolgere davvero le persone, dando loro innanzitutto dignità!

 

La sala con i suoi gesti e la cucina con le sue regole, sono sempre al centro della sua vita professionale. Quasi a dire che Sala e Cucina sono due facce della stessa medaglia è così? Lo chef come regista e direttore di un’orchestra perfettamente coordinata? Oppure è lo chef stellato o non stellato che “fa il ristorante”?

Un ristorante è un’impresa molto complessa, forse la più complessa tra quelle che conosciamo. Per fare un ristorante è assolutamente necessario che tutte le persone che hanno un ruolo nell’impresa siano coinvolte appieno. Se un cameriere raccoglie una comanda o porta un piatto all’ospite deve essere perfettamente in grado di sapere tutto di quel piatto, perché è quello che vogliono gli ospiti nella stragrande maggioranza dei casi. Così come il cuoco deve sapere chi sono gli ospiti quella sera, quali sono i loro desideri, perché hanno scelto proprio quel ristorante. Persino il lavapiatti deve essere messo al corrente della serata perché riesca a dare il tempo giusto al suo lavoro. Come vede non è solo lo chef che fa il ristorante. E la crisi in cui versa la maggior parte delle guide deriva anche da questo: non basta più giudicare solo la cucina.

 

Nel suo editoriale di novembre su sala&cucina, lei sottolinea la positività del momento storico della ripresa ma contemporaneamente ricorda alla ristorazione di tornare sul territorio, presso i produttori, presso le aziende sane, le peculiarità che caratterizzano eccellenze del nostro paese in termini di cibo e di qualità. Questo diventa poi “il racconto” che lo chef, il manager, il personale, l’ambiente stesso faranno agli ospiti, facendoli sentire piacevolmente come a casa. È questa la ristorazione intelligente del futuro? È la fine o perlomeno l’agonia della famosa frase di certi menu “risotto (minimo per due)”?

Da un lato ce lo auguriamo. Scrivere in un menu minimo per due significa perdere una grande fetta di clientela. Il mondo è cambiato, sta cambiando ad ogni passo. Oggi è necessario essere flessibili, in ogni cosa della vita. Perché la pandemia ha dimostrato come ogni certezza è effimera. Da un giorno all’altro sono cambiate tutte le vite del mondo. In poche ore! Quindi è indispensabile, soprattutto nella ristorazione che ne ha pagato molte conseguenze, essere attenti all’essenziale, alla stagionalità, a tutti quei prodotti che possono essere trattati quasi giornalmente, senza eccessive scorte di magazzino, con una particolare attenzione a evitare sprechi, dannosi anche per l’ambiente. E raccontare sempre la verità. Le persone viaggiano, fanno esperienze, sono molto più competenti e preparate. Cercare di vendere la bottiglia più cara non funziona più.

 

Lei spesso mette in evidenza l’importanza del fattore umano nel personale di sala, che necessita di un cambiamento profondo, del passaggio da porgitore silenzioso ad attore esperto che trasmette il messaggio agli ospiti . Ci può spiegare meglio questo cambiamento e per quale motivo lei lo auspica? Alcune aziende del food fanno formazione alla ristorazione.  T&C attua regolarmente formazione, spiegazione e informazione al mondo del food service e della ristorazione per far giungere il messaggio più chiaramente alla filiera della ristorazione. Trova corretto questo scambio e cosa suggerirebbe per migliorare il rapporto azienda filiera successiva?

Uno dei valori fondanti di sala&cucina è esattamente quello di far interloquire e interagire tutta la filiera della ristorazione, dal produttore al distributore al ristoratore. Quando scriviamo il racconto di un’azienda e delle sue produzioni mettiamo sempre in evidenza il motivo per cui quel determinato prodotto è utile allo chef o al maître. Non servono i publiredazionali che esaltano, in maniera sempre uguale ovunque vengano pubblicati, le magnificenze aziendali. Altrettanto ci occupiamo, in ogni numero, di istituti alberghieri, andando in visita in quel determinato istituto per coglierne le peculiarità. Siamo l’unica rivista che svolge questo compito. Gli istituti alberghieri sono comunque il futuro della ristorazione ma non solo: da quell’esperienza di studio possono nascere opportunità lavorative anche nelle aziende di food service. E voi ne siete la dimostrazione quando parlate di formazione, perché per formare c’è bisogno di persone che parlano lo stesso linguaggio e conoscono la materia alla perfezione. Cosa suggerisco? Sarebbero tante le risposte e, per lo spazio di un’intervista, vado su una: aprirsi agli incontri. Portare i distributori in visita nelle aziende del food service per conoscere direttamente il prodotto, scoprirne i pregi per raccontarlo meglio al ristoratore.

 

Nel mese di settembre 2021 ha intrapreso questo viaggio nelle Marche con Pizza Challenge  insieme alla chef di Arte Bianca Cristina Lunardini. Avete evidenziato dodici pizzerie marchigiane di eccellenza. Le Marche sono un territorio di eccellenze? Spesso è impegnato come giudice nel mondo del food e della ristorazione , quali sono gli elementi che decretano il successo nella ristorazione? Qualità, lo chef, servizio, cantina, modernità, semplicità, territorialità, competenza, studio , atmosfera?

Pizza Challenge è un format televisivo che ogni anno scopre una regione italiana premiando la miglior pizzeria. Quest’anno è toccato alle Marche e ho scoperto una qualità dei locali e delle pizze che non mi aspettavo così alta. Conoscevo le Marche per la ristorazione e l’ho sempre amata per questo, come per il paesaggio, i vini, le produzioni alimentari: si, è una terra di eccellenza. Quali sono le regole? Sono molte e diverse per ogni situazione. Io prediligo la visione del locale in ogni suo aspetto, anche quelli apparentemente intangibili, come il rispetto delle persone che vi lavorano.

 

Le Marche sono la regione di T&C tartufi, un’azienda storica dedicata alla vendita e alla trasformazione del tartufo per la ristorazione e per il retail. Il tartufo è un dono prezioso di un territorio ancora incontaminato . Misterioso e protagonista silenzioso, il tartufo affascina l’olfatto prima ancora di gustarlo. Gualtiero Marchesi diceva che il tartufo può essere presente in ogni menu dall’antipasto al dolce. Concorda su questa affermazione? Cosa pensa dei prodotti di alta qualità a base di tartufo, come quelli di T&C tartufi, che permettono alla ristorazione di avere a menù tutto l’anno il tartufo con un food cost chiaro?

Il tartufo, e l’ho imparato venendo proprio nella vostra azienda, ha molti aspetti positivi ma ha purtroppo anche molte varianti negative nel momento in cui viene trasformato. Le varianti negative le vivevo prima di conoscervi: olio al tartufo che ne ha a malapena il profumo, creme dove la componente della materia prima ha percentuali ridicole. Visitare la vostra azienda, vedere come componete, oltre alla cura per il prodotto fresco, tutte le proposte che avete in catalogo mi ha fatto cambiare idea, ma mi ha anche fatto capire come deve essere difficile, per un’azienda che fa della qualità una regola, affrontare un mercato che è ancora troppo ignorante sull’argomento. Ma dovete continuare su questa strada. È quella giusta e l’augurio che vi faccio è che il detto del maestro Marchesi vi accompagni sempre.

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